La poesia esprime la realtà concreta, non è solo affabulazione del pensiero sull’invisibile.
Questo concetto risulta molto chiaro sin dal titolo della silloge di Valentina Belgrado, “Cefalea Cronica” (gattomerlino, 2023). In versi si possono esprimere il pensiero, le emozioni, il dolore interiore, ma anche le condizioni, le reazioni del corpo, il dolore fisico, senza che le differenti narrazioni occultino le altre, ma, anzi, fondendole in un unicum che è la somma e al tempo stesso la sintesi della rappresentazione dell’essere umano: anima e corpo.
“Cefalea cronica” è il racconto in versi di una patologia, dei suoi effetti sul corpo e sulla mente, della dipendenza da farmaci che non sempre sono risolutivi, di relazione con persone che non possono comprendere fino in fondo. È anche la descrizione di quanto i principi chimici che permeano il corpo possano trovarsi in contrasto non con i principi etici della persona, ma con la sua difficoltà a gestire impegni quotidiani che contrastano con la condizione di sofferenza che segna il ritmo reale della persona oltre i suoi ideali e la passione per la vita.
L’autrice, Valentina Belgrado, segna un percorso anche nella scelta di alcuni esergo di cui uno, tratto da “Espiazione” di Ian McEwan”, recita così «(…) l’esercizio della pazienza in anni passati a scongiurare emicranie», poiché è così, l’emicrania condiziona la vita, soprattutto quando è cronica. Eppure, ci dimostra la Belgrado, si può parlarne anche in versi, scongiurandone i tabù e restituendo dignità alla patologia mentre si conferisce comprensione e sostegno a chi ne soffre.
Eppure, non c’è solo ironia, ma anche tanta esposizione di sé nella narrazione di un dolore che fa sentire invisibili in un tempo in cui ciascuno corre alla ricerca di sé senza accorgersi che “di là dalla porta, negata alla condivisione” esiste una persona prigioniera del male che la assale, ma non per questo estranea. È grande la solitudine di chi soffre, tanto che persino la speranza che dopo il dolore giunga la gioia diventa effimera e improbabile tanto da spingere chi soffre a preferire la solitudine alla condivisione, “(…) me ne sto bene anche da sola./ Mi sovraccarica congetturare anche soltanto/la condivisione, la conversazione”.
Quello di cui ci parla l’autrice, è un dolore che prende forma attraverso la percezione fisica come in quella interiore grazie e attraverso la parola nel tentativo di sacralizzare una specie di matrimonio tra sé e la malattia, “Eppure permane/come un compagno di vita”.
Sebbene la consapevolezza della malattia non sani e non curi il dolore, ma si manifesti, anzi, come corpo inospitale e schiavo delle medicine, essa, comunque, porta al riconoscimento della malattia come riconoscimento di sé e non importa se accadano o meno piccole cose che consolino e che spesso, nell’attesa, si resti a mani vuote, ciò che importa è che la persona non smetta i suoi tentativi e, intanto, impari a conoscersi anche attraverso ogni più piccola fibra del proprio corpo percorsa dal dolore.
Resistere, anche dopo il fallimento della cura, imparare a resistere, non è rassegnazione passiva e sebbene spesso si possa provare la sensazione di avere il nulla avanti a sè o solo “solchi cupi”, il desiderio di cura non deve cedere ai nuovi dolori, ma a essi attribuire la pazienza dell’attesa che finiscano mentre non si perde la consapevolezza che tutto ciò che appare consueto e conosciuto spesso non lo è, mentre ci si continua a interrogare con domande che probabilmente non avranno risposta su “cos’è il dolore che incalza” e che appare come “un camino senza canna fumaria”.
“Cefalea Cronica” (gattomerlino, 2023) di Valentina Belgrado, è un modo interessante e originale per parlare di una patologia più diffusa di quanto si osi immaginare.

Il volume è reperibile tramite casa editrice al seguente link:
https://www.gattomerlino.it/bookstore/libri-bookstore-mainmenu/cefaleacronica-libro

Poetry expresses concrete reality, it’s not just a storytelling of thoughts about the invisible.
This concept is very clear from the title of Valentina Belgrade’s sylloge, “Cefalea cronica” (gattomerlino, 2023). In verses you can express thoughts, emotions, inner pain, but also conditions, body reactions, physical pain, without the different narratives hiding the others, but rather merging them into a unicum which is the sum and at the same time the synthesis of the representation of the human being: soul and body.
“Cefalea cronica” is the story in verse of a disease, its effects on the body and mind, the addiction to drugs that are not always decisive, the relationship with people who cannot fully understand. It is also the description of how much the chemical principles that permeate the body can find themselves in contrast not with the ethical principles of the person, but with his difficulty in managing daily commitments that contrast with the condition of suffering that marks the real rhythm of the person beyond his ideals and passion for life.
The author, Valentina Belgrado, also marks a path in the choice of some exergues, one of which, taken from “Espiazione” by Ian McEwan”, reads thus «(…) l’esercizio della pazienza in anni passati a scongiurare emicranie» Since it is so, migraine affects life, especially when it is chronic.Yet, Belgrade shows us, it can also be spoken of in verse, avoiding its taboos and restoring dignity to the disease while giving understanding and support to those who suffer from it.
And yet, there is not only irony, but also so much self-exposition in the narration of a pain that makes one feel invisible in a time when everyone runs in search of themselves without realizing that “di là dalla porta, negata alla condivisione” there is a person prisoner of the evil that assails her, but not for this reason a stranger. The loneliness of those who suffer is great, so much so that even the hope that after the pain comes joy becomes ephemeral and improbable, so much so as to push those who suffer to prefer solitude to sharing, “(…) me ne sto bene anche da sola./ Mi sovraccarica congetturare anche soltanto/la condivisione, la conversazione”.
What the author tells us about is a pain that takes shape through physical perception as well as in the inner one thanks and through the word in an attempt to sanctify a kind of marriage between oneself and the disease, “Eppure permane/come un compagno di vita”.
Although the awareness of the disease does not heal and does not cure the pain, but rather manifests itself as an inhospitable body and a slave to medicines, it, however, leads to the recognition of the disease as a self-recognition and it does not matter whether or not little things happen that comfort and that often, while waiting, one is left empty-handed, what matters is that the person does not stop his attempts and, in the meantime, learns to know himself even through every smallest fiber of his body crossed by pain.
Resisting, even after the failure of the treatment, learning to resist, is not passive resignation and although one can often experience the sensation of having nothing ahead of him or only “solchi cupi”, the desire for treatment must not give in to new pains, but to them to attribute the patience of waiting for them to end while not losing the awareness that everything that appears usual and known is often not, while we continue to question ourselves with questions that probably will not have an answer on “cos’è il dolore che incalza” and which appears as “un camino senza canna fumaria”.
“Cefalea cronica” (gattomerlino, 2023) by Valentina Belgrade, is an interesting and original way to talk about a more widespread disease than you dare to imagine.

The volume is available through the publishing house at the following link:
https://www.gattomerlino.it/bookstore/libri-bookstore-mainmenu/cefaleacronica-libro