Over time there is a hidden smile that finds it hard to reveal itself.
It is perhaps the gaze towards what we do not know but are looking for or, also, the invitation to learn to know ourselves beyond the custom of what we say and do.
Each human being has his or her own secret, revealing it does not matter, what matters is not to hide it from yourself, to be faithful to it in its fulfillment and / or overcoming.
What we don’t say about ourselves is sometimes deeper than what we show and even more true. Often, however, we get used to giving an account to others and to appearances instead of responding to ourselves for ourselves before our actions and our words are exposed to the public.
Yes, knowingly respond to yourself.
In fact, it is with ourselves that we must deal, employ a more severe yardstick and discernment than that which we turn to others.
Fidelity to people and to meaning comes from self-awareness and not from lies and falsehoods.
Our frailties do not become a measure of our own defeat, but an instrument of rebirth, a bridge that unites us to real life, well beyond that which is flaunted and falsified by creating images of ourselves that do not coincide with the truth.
It is frustrating to discover the world of lies that surrounds us and to which we often contribute with silence and indifference or refraining from working hard on ourselves to oppose the false, to eradicate the circuit of lies and self-interest in order to build structures of truth, respect, freedom.
Sometimes, if you focus on an event, you discover how many lies it is based on. Lies upon lies, lies to hide other lies and then new lies to conceal and justify still others without any respect for the consequences that such lies have on every human being, even on us.
It is like depriving a cob of corn of the outer leaves without, however, ever being able to reach the delicious seed. Dry leaves after dry leaves, aridity after aridity, filaments that crumble without announcing the presence of the heart of the cob and then, again, leaves increasingly thin, consumed by hatred, pale from the lack of light, but increasingly arid.
So we have crushed the beauty of our time, suffocating it in a heap of arid and fruitless leaves and, now, we are no longer able to understand dignity and what they are.
Everything is exhibited, exhibited for the pleasure of doing it and not for the sake of doing it. How much truth is there in what is shown? How many reliable truths are there for each thing that is proposed to us?
There is an ethical conscience that determines discernment and dissent. It is a consciousness that goes beyond one’s own interest and selfishness.
It is not a question, therefore, of which of the possible truths to choose, but of how much this truth is the clean and honest gaze that observes everything with equal attention and care.
It is a conscience that looks beyond appearances and clichés, of a humble and frank conscience that knows how to recognize its own mistakes and the disfigurements of the thought of each one who falsifies himself. It is a conscience that does not look to possession, to gratification, to unbridled and tasteless ambition, to the privileges that obliterate the lives of others. It is a conscience that looks at the person, looks only at the person and his humanity.

C’è nel tempo un sorriso nascosto che stenta a rivelarsi.
È forse lo sguardo verso ciò che non conosciamo ma cerchiamo o, anche, l’invito a imparare a conoscersi oltre la consuetudine di ciò che si dice e si fa.
Ciascun essere umano ha un suo segreto, rivelarlo non importa, ciò che conta è non nasconderlo a sé stessi, essergli fedele nel suo compimento e/o superamento.
Quello che non diciamo di noi è talvolta più profondo di quello che mostriamo e persino più vero. Spesso, però, ci si abitua a dare conto agli altri e all’apparenza invece di rispondere a sé stessi di sé stessi prima che il nostro agito e la nostra parola siano esposte al pubblico.
Sì, rispondere consapevolmente di sé stessi.
Infatti, è con sé stessi che bisogna fare i conti, impiegare un metro di giudizio e discernimento più severo di quello che rivolgiamo agli altri.
La fedeltà alle persone e al senso nasce dalla consapevolezza di sé e non dalla menzogna e dal falso.
Le proprie fragilità non divengono misura della propria sconfitta, ma strumento di rinascita, ponte che ci unisce alla vita reale, ben oltre quella che si ostenta e si falsifica creando immagini di noi stessi che non coincidono con la verità.
È frustrante scoprire il mondo di menzogne che ci circonda e cui spesso si contribuisce con il silenzio e l’indifferenza o astenendosi dal lavorare duramente su sé stessi per opporsi al falso, per debellare il circuito della menzogna e dell’interesse personale allo scopo di costruire strutture di verità, rispetto, libertà.
Talvolta, se ci si concentra su un evento, si scopre quante siano le bugie sulle quali esso si fonda. Bugie su bugie, bugie per nascondere altre bugie e poi nuove bugie per occultarne e giustificarne altre ancora senza rispetto alcuno per le conseguenze che tali bugie hanno su ogni essere umano, anche su di noi.
È come privare delle foglie esterne una pannocchia di mais senza, però, riuscire mai a giungere al seme delizioso. Foglie secche dopo foglie secche, aridità dopo aridità, filamenti che si sbriciolano senza annunciare la presenza del cuore della pannocchia e poi, ancora, foglie sempre più sottili, consumate dall’odio, pallide per la mancanza di luce, ma sempre più aride.
Così abbiamo stritolato la bellezza del nostro tempo, soffocandola in un mucchio di foglie aride e senza frutto e, ora, non siamo più capaci di comprendere dignità e bene che cosa siano.
Ogni cosa è esposta, esibita per il piacere di farlo e non per il bene di farlo. Quanta verità c’è in quello che si mostra? Quante sono le verità attendibili per ciascuna cosa che ci si propone?
C’è una coscienza etica che determina il discernimento e il dissenso. È una coscienza che va oltre il proprio interesse e il proprio egoismo.
Non si tratta, quindi, di quale delle verità possibili scegliere, ma di quanto tale verità sia lo sguardo pulito e onesto che osserva ogni cosa con uguale attenzione e cura.
Si tratta di una coscienza che guarda oltre le apparenze e i luoghi comuni, di una coscienza umile e franca che sa riconoscere i propri errori e le deturpazioni del pensiero di ciascuno che falsa sé stesso. È una coscienza che non guarda al possesso, alla gratificazione, all’ambizione sfrenata e senza gusto, ai privilegi che cancellano la vita degli altri. È una coscienza che guarda la persona, guarda solo la persona e la sua umanità.