Like ants shaken by a sudden tumult we run from side to side, disturbed in their careful and precise task. So we wander through our time without knowing where to go, where our nest, where the space of meaning in which we can find ourselves together and with ourselves.
The ants, however, know how to find traces of their origin, they know how to recompose themselves in patient columns in which each one knows and recognizes the importance of their role.
We, lost, become more and more agitated, losing the sense and direction of everything, the route and destination of our journey, the meaning and value of our every breath.
We wander in a desperate search for something that appears to us “more”, more and more, but we trample, unconscious, the concrete space of our meaning and also that of the sacred value of pure dissent.
We are ants fallen into the mud that slowly allow themselves to be sucked up or float in the puddle of putrid water they are prisoners of, resigned to the end of our vain time.

Come formiche agitate da un improvviso tumulto corriamo da una parte all’altra, disturbate nel loro compito attento e preciso. Così noi vaghiamo nel nostro tempo senza sapere dove andare, dove il nostro nido, dove lo spazio di senso in cui ci si possa ritrovare insieme e con noi stessi.
Le formiche, però, sanno ritrovare le tracce della loro origine, sanno ricomporsi in pazienti colonne in cui ciascuna conosce e riconosce l’importanza del proprio ruolo.
Noi, smarriti, ci agitiamo sempre di più perdendo il senso e la direzione di ogni cosa, la rotta e la destinazione del nostro viaggio, il significato e il valore di ogni nostro respiro.
Vaghiamo alla disperata ricerca di qualcosa che ci appare “di più”, sempre di più, ma calpestiamo, incoscienti, lo spazio concreto del nostro senso e anche quello del valore sacro di un puro dissenso.
Siamo formiche cadute nel fango che lentamente si lasciano risucchiare o galleggiano nella pozza d’acqua putrida di cui sono prigioniere, rassegnate alla fine del nostro tempo vano.