
Tullio Reina in “Guglielmo e Maria. Una storia ai confini di Nord-Est fra il 1938 e il 1945” (Reverdito, 2019), offre una pacata e serena lezione di Storia, del senso della Storia, intendo.
Attraverso la narrazione del percorso individuale e personale di una famiglia, i Reinaldi, l’autore è capace di ricostruire atmosfere, eventi, tragedie di cui si parla ancora troppo poco, rendendo universale il particolare, proprio come dovrebbe essere, poiché la storia di uno sia la storia di tutti e perché la storia di tutti sia non solo memoria e monito, ma vita sofferta, spesso tradita, di cui tutti dobbiamo renderci consapevoli.
Tullio Reina attua questa “magica” trasmissione storica con un linguaggio semplice, chiaro, diretto, senza mai eccedere nei giudizi, ma semplicemente ponendo sotto lo sguardo di tutti la verità di un’epoca in cui tutti furono portati a credere di essere nemici di tutti e in cui l’atto di coraggio più alto è stato quello di restare coerenti con l’amore e il senso della vita.
Il periodo storico narrato è quello tra il 1938 e il 1945 nella drammatica violazione di ogni diritto umano e sociale perpetrato, tutti contro tutti, in Slovenia, Istria, Venezia Giulia. Man mano che la storia dei protagonisti, Guglielmo e Maria, viene narrata, si assiste alla trasformazione di un popolo che smette di essere “popolo” e comincia a fare dei distinguo, prosegue nella determinazione del nemico, continua nella sovversione di ogni criterio sociale e umano fino alla definitiva certezza che ognuno è nemico, ognuno è possibile vittima, ognuno è traditore.
Il merito di questa narrazione, non è solo quello di aver messo il dito nella piaga di una storia dolorosissima e ancora perlopiù taciuta e/o negata, ma di averlo fatto calando la Storia nella realtà, umanizzandola attraverso la testimonianza dei protagonisti, le loro vicissitudini, la paura, la fame, ma anche la gioia del matrimonio, la nascita di un figlio, il riuscire a riconquistare il proprio stesso onore (una forma di auto riconoscimento) nella capacità di cercare, scegliere e fare “la cosa giusta”.
Già, ma qual è la cosa giusta in tempo di guerra? Certamente proteggersi e tutelare i propri cari, ma non a costo di distruggere la vita degli altri senza neanche rifletterci.
Così, Guglielmo, carabiniere siciliano si innamora e sposa Miči, Maria, ragazza slovena dolce, ma dal coraggio di un leone e insieme affrontano la separazione dalle famiglie, la paura della discriminazione e dell’odio prima fascista e nazista e poi titino in un vortice che li travolgerà con sempre maggiore forza. Così, Guglielmo, scoprirà le sue debolezze e il coraggio di Miči; così Miči e Guglielmo diventeranno genitori di Tullio mischiando i timori tipici di ogni genitore a quelli più grandi obbligati dalla Storia.
Vedremo la lotta per la sopravvivenza quotidiana, ma anche l’intraprendenza di un bambino alla scoperta di un mondo che non è in grado di riconoscere come ostile. Vedremo scene di dolore profondo, di paura, di violenza, di indifferenza, ma anche di coraggio quotidiano, di lealtà, di giustizia.
Leggendo il libro di Tullio Reina, questa è la cosa che mi colpisce di più: la drammaticità della Storia, ma anche la possibilità di riscattarsi dal male perché (in riferimento alla “banalità del male” così ben espressa ed evidenziata da Hannah Arendt) se è vero che il male è “banale”, anche il bene può esserlo, è questione di scelte.
“Guglielmo e Maria. Una storia ai confini di Nord-Est fra il 1938 e il 1945” (Reverdito, 2019) non è solo una testimonianza che si fa memoria, ma un richiamo affinché si possa tendere alla “banalità del bene” in ogni sua onesta prospettiva.
Tullio Reina in “Guglielmo e Maria. Una storia ai confini di Nord-Est fra il 1938 e il 1945” (Reverdito, 2019), offers a calm and serene lesson in History, in the sense of History, I mean.
Through the narration of the individual and personal path of a family, the Reinaldis, the author is able to reconstruct atmospheres, events, tragedies that are still too little talked about, making the particular universal, just as it should be, since the story of one it is the story of everyone and that everyone’s history is not only a memory and a warning, but a life of suffering, often betrayed, of which we must all make ourselves aware.
Tullio Reina carries out this “magical” historical transmission with a simple, clear, direct language, without ever exceeding in judgments, but simply placing under everyone’s gaze the truth of an era in which everyone was led to believe that they were everyone’s enemies and in which the highest act of courage was to remain consistent with love and the meaning of life.
The historical period narrated is that between 1938 and 1945 in the dramatic violation of every human and social right perpetrated, all against all, in Slovenia, Istria, Venezia Giulia. As the story of the protagonists, William and Mary, is told, we witness the transformation of a people that stops being “people” and begins to make distinctions, continues in the determination of the enemy, continues in the subversion of every social criterion and human until the definitive certainty that everyone is an enemy, everyone is a possible victim, everyone is a traitor.
The merit of this narrative is not only that of having put the finger in the wound of a very painful and still mostly silent and / or denied story, but of having done so by lowering history into reality, humanizing it through the testimony of the protagonists, their vicissitudes. , fear, hunger, but also the joy of marriage, the birth of a child, being able to regain one’s own honor (a form of self-recognition) in the ability to seek, choose and do “the right thing”.
Yeah, but what’s the right thing in wartime? Certainly protect yourself and your loved ones, but not at the cost of destroying the lives of others without even thinking about it.
Thus, Guglielmo, a Sicilian carabiniere falls in love and marries Miči, Maria, a sweet Slovenian girl, but with the courage of a lion and together they face separation from families, the fear of discrimination and hatred, first fascist and Nazi and then titino in a vortex. that will overwhelm them with ever greater force. Thus, William, will discover his weaknesses and Michi’s courage; in this way Miči and Guglielmo will become Tullio’s parents, mixing the typical fears of each parent with the bigger ones obliged by history.
We will see the struggle for daily survival, but also the resourcefulness of a child to discover a world that he is unable to recognize as hostile. We will see scenes of deep pain, fear, violence, indifference, but also of daily courage, loyalty, justice.
Reading the book by Tullio Reina, this is the thing that strikes me the most: the drama of history, but also the possibility of redeeming oneself from evil because (in reference to the “banality of evil” so well expressed and highlighted by Hannah Arendt) if it is true that evil is “banal”, good can be too, it is a matter of choices.
“Guglielmo e Maria. Una storia ai confini di Nord-Est fra il 1938 e il 1945” (Reverdito, 2019) is not only a testimony that is remembered, but a reminder so that we can tend to the “banality of good” in every his honest perspective.
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