Make a Virtue of Necessity

I learned an essential lesson in life very early on: making a virtue of necessity. This does not mean not suffering from situations or not seeing the negative aspects, but simply using these conditions, inevitable sooner or later in every person’s life, to develop new strengths and ability to react / act. In fact, the degradation, the anger, the surrender, the lamentation, the complain, can only have a very short time (if you really have to feel them and this, I believe, depends on the individual history of the people), as immediate as possible, instead, the proactive and constructive reaction in our human and social commitment. It is not called “resignation”, on the contrary, it is called awareness of the need and importance of being the protagonists of one’s choices. I fear, at times, that in the lament there is the condemnation of making themselves “resigned” who have laid down the weapons of courage and ardor in the desire to live and exist. We live in an era of “facilitations and / or simplifications” which we do not want to give up; when these are lacking, or in some way limited, we feel lost, we look for leaders and scapegoats to give ourselves a credibility of which we are no longer able to find the roots, thus confusing reality even more with our fiction or with the fiction of ourselves and completely losing a course that can be built to trace and / or discover new signs along our path. This is serious, very serious. And it is even more so with regard to the young people we charge with our anxieties and fears, to whom we define a world without a future, compressed, “exhausted” (in the double sense of finite and crazy), from whom we take away not only the hope of a life, but even the possibility of choosing one that is not one in which, betrayed, they can do nothing but burn their time. However, every occasion, however painful and suffocating, is an opportunity for training, experimentation, planning. We must not say that “it is good to live without relationships”, it would be horrible to do so, but we must suggest that we discover that, if we want, even what seems horrible to us, even what robs us of our life (this appears to us), is teaching that life has values ​​and meanings that go beyond appearances, beyond the limits set by vicissitudes or needs, that life is the courage to forgive and forgive ourselves, that life is a direction that we do not abandon and that we courageously give it meaning every moment is already the goal and the goal.

Ho imparato molto presto una lezione essenziale nella vita: fare di necessità virtù. Questo non significa non soffrire per le situazioni o non vederne gli aspetti negativi, ma semplicemente impiegare anche queste condizioni, inevitabili prima o dopo nella vita di ogni persona, per sviluppare nuovi punti di forza e capacità di reazione/azione. Difatti, l’avvilimento, la rabbia, la resa, il compianto, il lamento, non possono che avere tempi ridottissimi (se proprio bisogna provarli e questo, credo, dipenda dalla storia individuale delle persone), più immediata possibile, invece, deve essere la reazione propositiva e costruttiva nel nostro impegno umano e sociale. Non si chiama “rassegnazione”, anzi, si chiama consapevolezza della necessità e dell’importanza di essere i protagonisti delle proprie scelte. Temo, a volte, che nel lamento ci sia la condanna a fare di se stessi dei “rassegnati” che hanno deposto le armi del coraggio e dell’ardore nel desiderio di vivere ed esistere. Viviamo un’epoca di “facilitazioni e/o semplificazioni” cui non vogliamo rinunciare; quando queste vengono a mancare, o in qualche modo sono limitate, ci sentiamo persi, cerchiamo responsabili e capri espiatori per dare a noi stessi una credibilità di cui non siamo più capaci di trovare le radici, confondendo in questo modo ancora di più la realtà con la nostra finzione o con la finzione di noi stessi e perdendo del tutto una rotta che sia possibile costruire per tracciare e/o scoprire nuovi segni lungo il nostro percorso. È grave, questo, molto grave. E lo è ancora di più nei riguardi dei giovani che carichiamo con le nostre ansie e le nostre paure, ai quali definiamo un mondo senza futuro, compresso, “esaurito” (nel duplice senso di finito e impazzito), ai quali togliamo non solo la speranza di una vita, ma persino la possibilità di sceglierne una che non sia quella in cui, traditi, non riescano fare altro che bruciare il proprio tempo. Ogni occasione, invece, per quanto dolorosa e soffocante, è un’occasione di formazione, di sperimentazione, di progettualità. Non dobbiamo dire che “è bello vivere senza relazioni”, sarebbe orribile farlo, ma dobbiamo suggerire di scoprire che, se si vuole, anche ciò che ci sembra orribile, anche ciò che ci deruba della nostra vita (questo ci appare), ci sta insegnando che la vita ha valori e significati che vanno oltre le apparenze, oltre i limiti posti dalle vicissitudini o dalle necessità, che la vita è il coraggio di perdonare e perdonarsi, che la vita è una direzione che non abbandoniamo e che darle con coraggio significato ogni istante è già il traguardo e la meta.

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